ZEN
È difficile dare una definizione dello Zen. In realtà ne ho sentite diverse e probabilmente sono tutte, o quasi, valide. Ma tutte presentano la possibilità di essere interpretate in modo non corretto o perlomeno parziale. Se siete interessati allo Zen vi consiglio quindi di recarvi da un valido Istruttore o Maestro, e anche di leggere un buon
libro introduttivo.Comunque voglio riportare alcune parole, in merito allo zazen (Zen in posizione seduta a gambe incrociate) e quindi allo Zen, del Maestro Kosho Uchiyama (Zen Soto):
"…la realtà della vita è vivere la vita così come è, e zazen è l'operare in atto di questa realtà di vita; …per il solo fatto di essere vivi stiamo vivendo la realtà della vita, e non esiste un luogo che sia fuori da questa realtà. Eppure, nonostante ciò, c'è la possibilità di vivere avendo perso di vista la realtà vera della vita, e di conseguenza di patire e di soffrire la propria esistenza. … Preda di fantasmi del passato, schiavi del rapporto con gli altri, siamo trascinati, in balia di fantasie: si sviluppa un senso di vuoto, di abbandono, un misto di sofferenza e risentimento, di pena e di astio. … Tutto ciò che attiene all'esperienza, alla sapienza del passato, oppure all'esperienza e sapienza dei gruppi umani, andrebbe fatto vivere all'interno della propria diretta e semplice esperienza della vita. E invece noi, non di rado, ci tuffiamo e ci immergiamo esageratamente nelle memorie e nelle fantasie, nei miti e nella storia, e ancor più nei dogmi religiosi e nelle ideologie e in modi di pensiero formalistici. …allora, senza perdere di vista il fatto che viviamo la realtà della vita, occorre continuare a mettere effettivamente in atto il nostro tendere a vivere la realtà della vita in concreto. Fare zazen significa questo: abbandonare qualunque punto di vista e tornare alla realtà della vita."
Alcuni interpretano questi discorsi come un incoraggiamento a smettere di pensare e di riflettere. Ma non è questo il loro significato: siamo esseri umani ed è quindi per noi naturale pensare (non siamo oggetti), e riflettere per risolvere un problema è spesso indispensabile.
Inoltre, contrariamente a quanto si può pensare, lo Zen non opera in ambito di speciali effetti sovrannaturali o paranormali, ma si radica nel concreto. In realtà in alcuni esercizi, specialmente in alcune scuole Zen Rinzai, riguardanti il Ki (energia spirituale che emana dal tanden) qualche elemento non scientificamente dimostrato c'è, almeno per ora. Però, alle volte, il Ki è anche interpretabile in senso psicologico o neurobiologico e comunque non è il punto centrale dello Zen, ne è indispensabile.
Sono due le principali correnti Zen Giapponesi: Rinzai e Soto. La prima afferma che occorre sforzarsi intensamente per risvegliarsi alla realtà della natura (kensho) e a tale scopo utilizza diversi esercizi tra cui la tecnica del Koan (quesito paradossale). La seconda afferma che la realtà è sempre presente in noi stessi e quindi non serve alcuna ricerca o sforzo, è sufficiente la fede nel fatto che questa verità è già in noi. In realtà le due scuole sono solo apparentemente in contrasto e vi sono reciproci riconoscimenti.
Ad esempio gli esercizi praticati nelle scuole Rinzai sono utilizzati per lo sviluppo fisico e "spirituale" dell'adepto, e quindi restano comunque sul piano della relatività personale. Quindi, anche in questo caso, l'essenza dello Zen non è riducibile a degli esercizi, e quando si è superata questa fase la pratica diventa, o può diventare, pressoché uguale a quella della scuola Soto.
In merito a questi esercizi riporto alcuni brani tratti, e liberamente tradotti, dal libro della scuola
Chozen-Ji di Honolulu.Nel numero 12 (Dicembre 1998) della rivista Newton sono state dedicate due pagine (da pag. 60) a "Zona test - Conosci te stesso" redatto dai più noti ricercatori nel campo della psicologia comportamentale e cognitiva. Le tecniche adottate dagli psicologi dello sport, ed esposte nel trafiletto introduttivo, mi sembrano piuttosto in linea con alcuni principi dello Zen Rinzai come, ad esempio, il rilassarsi respirando lentamente. Inoltre è riportato il fatto che si può accrescere il proprio rendimento concentrandosi su un'opportuna visualizzazione, anziché lasciarsi trascinare dai pensieri sul rischio di sbagliare, riducendo in tal modo l'ansia da prestazione che, come si sa, ostacola l'efficacia delle nostre azioni.
Si tratta di aspetti che si possono anche definire utilitaristici, ma che possono essere presenti anche nella pratica dello Zen. In campo "spirituale" può apparire negativo parlare in termini utilitaristici, ma è naturale per noi esseri umani vivere anche questo aspetto, possibilmente senza scadere in esagerazioni egoistiche.
Ovviamente ci sono scuole Zen anche in Cina (Chan) ed in altri paesi orientali, ma non le conosco e quindi non sono in grado di fornire alcuna informazione su di loro.
Nella scelta di un Maestro o di un Istruttore consiglierei di essere molto cauti. Penso sia meglio recarsi da qualcuno che abbia studiato per qualche anno entro un monastero Giapponese, con un Maestro che avesse diversi allievi. Penso inoltre sia meglio che il suo operato sia ufficialmente riconosciuto da una delle due scuole principali. E magari fare qualche piccola verifica. Trovata un persona di questo tipo si può anche essere da lui indirizzati da altri di sua fiducia. Personalmente credo di poter indicare due nominativi per l'Italia: Engaku Taino (Luigi Mario) per lo Zen Rinzai e Jiso Giuseppe Forzani per lo Zen Soto.
"La realtà della vita - zazen in pratica" di Kosho Uchiyama, ed. EDB
"Lo Zen" di David Scott e Tony Doubleday, ed. XENIA tascabili
"L'arte del tiro con l'arco - il segreto del bersaglio" di Jackson S. Morisawa (della scuola di Kyudo del Monastero Chozen-Ji delle Hawaii che ho potuto frequentare per un paio di mesi)
"La porta senza porta" Mumon, ed. ADELPHI
"Meditazione Zen come terapia" di Tomio Hirai, ed. red./studio redazionale
"Psicoanalisi e Buddhismo Zen" di Fromm, Suzuki e De Martino, Casa Editrice Astrolabio