Arti Marziali

 

Il mio percorso attraverso le arti marziali

Ho iniziato lo studio delle arti marziali verso i 15 anni dallo stile Shotokai (clicca anche qui) di Karate. Ho continuato per diversi anni ad applicarmi in quest'arte, che è anche l'unica per la quale abbia sperimentato un po' di agonismo nel combattimento libero. La prima gara di kumite (combattimento libero con controllo dei colpi) è stato però una vera comica. Il primo combattimento lo vinsi io perché il mio avversario mi colpì troppo forte con un calcio al viso e venne penalizzato. A me non restò che fare un po' di melina, così lui non riuscì a fare alcun punto colpendomi in modo controllato ed io vinsi. Nel secondo combattimento accadde il contrario. Diedi io un pugno al viso troppo forte all'avversario che poi fece altrettanto bene un bel gioco di disimpegno e vinse a causa del mia penalità.

Abbandonai questo stile per diversi motivi. Alcuni aspetti mi sembravano troppo teorici (attacchi molto allungati, tecniche molto diverse dalle applicazioni fatte in combattimento) per riuscire ad applicarli o almeno a tendervi decentemente. Cercavo qualcosa, che dal mio punto di vista, fosse più scientifico e più orientato al combattimento reale.

Dopo un periodo di riflessione il desiderio di ricominciare mi spinse a cercare un'altra arte marziale. Fu così che provai il Nanbudo, uno stile di Karate che ha anche alcune tecniche vagamente simili a quelle dell'Aikido, ideato dal Maestro Yoshinao Nanbu, 10° Dan. Esteticamente e per la sua armoniosità si rivelò molto interessante, ma dal punto di vista di quello che cercavo era forse meno adatto dello Shotokai. Fortunatamente però gli istruttori supplivano alle mancanze dello stile inserendo anche elementi adatti al combattimento presi da altri stili praticati in precedenza. Per quello che riguarda il M. Nanbu posso dire che ha sempre dimostrato un forte carisma e chi lo conosce meglio dice che sia un tipo geniale. Forse anche per questo, almeno in passato, non è sempre stato ben comprensibile. Comunque è un ricercatore, vedremo dove le sue sperimentazioni porteranno lui e i suoi allievi.

Passati alcuni anni, e sempre per lo stesso motivo, abbandonai anche questo stile, dopo essere arrivato secondo in una gara internazionale di Ju-Randori individuale (combattimento semilibero con attacchi preordinati e risposte libere) e dopo circa un anno dal conseguimento della cintura nera I° Dan.

Ma mentre praticavo ancora il Nanbudo, circa 8 anni fa, mi recai a Chicago per studiare e praticare Zen Rinzai in un Dojo affiliato al tempio principale delle Hawaii, ad Honolulu. Il Dojo di Chicago era di proprietà del Maestro di Aikido: Fumio Toyoda al tempo 5° Dan. Questi aveva imparato quest'arte dal Maestro Koichi Tohei, a sua volta allievo del fondatore di questo stile: Morihei Ueshiba. Quest'Arte Marziale è molto elegante ed armoniosa. Utilizzando anche la stessa forza degli attacchi dell'avversario lo si neutralizza con tecniche di leva, proiezioni e immobilizzazioni. Il tutto con movimenti circolari e fluidi, con il proprio centro ben stabilizzato. È decisamente molto piacevole da praticare. Personalmente ritengo che, in generale, non porti alla stessa efficacia di altre Arti Marziali entro uno stesso arco di tempo, a parità di capacità personali e di predisposizione ed assiduità nell'allenamento. Forse anche perché l'allenamento su attacchi non preordinati non comprende mai tutte le variabili di un combattimento reale, neppure nei corsi avanzati a cui ho potuto assistere. Comunque l'efficacia nel combattimento reale può anche non essere il motivo principale per il quale praticare queste Arti, anzi potrebbe anche non interessare affatto. Si può benissimo essere interessati solo ad ottenerne effetti benefici a livello fisico e psichico, con una pratica piacevole e stimolante, magari anche dal punto di vista estetico e dell'armonia, secondo i propri gusti.

Comunque, visto che sarei rimasto un mese nel suo Dojo, iniziai anche la pratica dell'Aikido. Nel complesso fu un'esperienza molto particolare, visto che vivevo nel Dojo e davo una mano per la sua manutenzione come in certi film. In compenso la spesa fu molto contenuta.

Il carattere di Fumio Toyoda era decisamente allegro e amichevole, anche se non mancava di polso fermo, al momento opportuno. È sempre stato molto gentile, come anche tutti i suoi collaboratori, tanto che ritengo di poterlo considerare, oltre che come Maestro, un amico. Più di una volta siamo andati a bere o a mangiare qualcosa insieme, o mi ha accompagnato in un tour turistico della città. Un aspetto interessante del suo carattere è il suo scetticismo verso prove e spiegazioni sovrannaturali anche nell'ambito delle Arti Marziali. A tal proposito mi ricordo di aver visto un libro (credo edito in Inghilterra) in cui venivano descritti i trucchi utilizzati da certi praticanti di Arti Marziali. Prima o poi mi devo ricordare di comprarlo, dovrebbe essere molto interessante.

Tornato in Italia e dopo un po' di tempo che avevo smesso di praticare Nanbudo, cercai una palestra dove poter praticare lo stesso stile. Il più simile che trovai fu il Ki Aikido, ovvero la versione elaborata dal M. Koichi Tohei, e dalla quale il M. Fumio Toyoda si era un po' distaccato. Le sedi a me più vicine erano a Modena e Bologna e quindi mi ci recavo solo una o due volte al mese. Secondo il mio modesto parere, in questa versione dell'Aikido, l'accento sulla coordinazione tra mente e corpo e sul Ki è un po' troppo teorica. Infatti ho avuto spesso l'impressione che certe tecniche funzionassero solo se anche l'avversario (qui chiamato partner) ci credeva a sua volta. Bisognerebbe testarle ripetutamente con qualcuno scettico e smaliziato. Ad esempio l'idea di guidare l'altro con il proprio atteggiamento mentale mi sembra un attimino esagerata, così come viene interpretata. Anche lo stato di rilassamento muscolare con cui si eseguono le tecniche mi pare un po' troppo spinto, perché possa garantirne l'efficacia. Infine, anche le tecniche in cui si riesce, con poca fatica, a resistere ad una forza impetuosa, mi appaiono spiegabili secondo modelli più scientifici. Però, per imparare questi atteggiamenti psicomotori, può andare bene anche un modello non strettamente scientifico.

Comunque, anche per la lontananza del Dojo, dopo un anno smisi anche questa pratica.

Qualche anno fa ebbi modo di partecipare ad uno stage di Shaolin Mon (la porta di Shaolin) del Maestro Kenji Tokitsu. Fu una vera rivelazione, finalmente avevo trovato la scientificità e il realismo che desideravo. Il M. Tokitsu aveva praticato a lungo lo stile Shotokan (Karate). Era in seguito però diventato piuttosto critico verso questo stile, sia per motivi di efficacia che per i suoi eventuali effetti negativi, a lungo termine, sul fisico. Questo lo aveva portato a sperimentare diversi stili dai quali cercava di prendere gli elementi oggettivamente più efficaci, spesso rielaborandoli, per inserirli nel suo stile. E a tutt'oggi è ancora molto attivo in questa continua ricerca. Per quanto riguarda l'uomo posso dire che è veramente proteso verso la sperimentazione e la continua innovazione. Non ha un atteggiamento altezzoso o di superiorità o di distacco come alcuni Maestri di Arti Marziali. È molto disponibile al dialogo e ha un atteggiamento veramente lontano dalla superbia. Non considera quello che fa il meglio in assoluto, anzi è molto ricettivo a nuove conoscenze e sempre disposto a sperimentare e a mettere alla prova se stesso e qualunque metodo. È un persona molto diretta e sincera. Il suo stile è molto ricco, per cui proverò a descrivere gli elementi essenziali e gli stili principali che ne stanno alla base, ma mi scuso già adesso per eventuali errori o imprecisioni.

I vari stili che stanno alla base dell'Arte Marziale del M. Tokitsu non sono praticati in modo strettamente identico all'originale. Ognuno di loro ha influenzato positivamente gli altri, insieme alle intuizioni nate dalle prove eseguite dal Maestro. In questo modo lui ha creato un metodo plastico e forte al contempo. Nello Shaolin Mon confluiscono prima di tutto gli elementi del Karate Classico (da cui poi nacquero anche gli stili di Karate Tradizionale). Di questo stile si usano tecniche di attacco, difesa e contrattacco adatte ad un combattimento nel quale si cerca di mantenere una distanza di sicurezza, che viene però bruscamente e momentaneamente ridotta nel momento dell'attacco. All'interno dello Shaolin Mon hanno molta importanza due Arti Marziali "interne" Cinesi: il Tai Chi Chuan (due stili) e l'Yi Chuan. Di questi è molto utilizzato il principio di protezione dell'asse centrale del proprio corpo; lo studio della sensibilità tattile per il combattimento ravvicinato e a contatto; la cedevolezza utilizzata per sfruttare la forza dell'avversario; altre tecniche di parata, pugno, calcio e di spostamento rapido; lo studio del corpo per mobilitarne al massimo la sua forza. Da questo punto di vista lo studio completo comprende anche esercizi per la percezione e lo sviluppo della così detta energia interna. Ma questi aspetti meno oggettivi lasciano soprattutto il posto a loro versioni, più scientifiche, di utilizzo delle diverse masse muscolari e delle articolazioni che, normalmente non sfruttiamo, per massimizzare il rendimento della potenza delle proprie azioni "esplosive". Viene inoltre praticato l'uso della Spada (Katana), ma con principi in stretto accordo con quelli degli stili interni.

Anche in questo caso praticare è stato un po' arduo. Io ed un mio amico seguivamo principalmente gli stage che si tenevano a Milano e Firenze e poi ci allenavamo a casa sua. Il tutto era poi complicato dal fatto che quest'arte è in continua evoluzione e questo rendeva più arduo riuscire a starne al passo. Inoltre sentivamo che persino diversi, tra i più abili allievi italiani, pur essendo molto capaci nel combattimento, stentavano ad apprendere ed applicare i principi insegnati dal Maestro. Figuriamoci noi, che riuscivamo a frequentare i corsi solo in modo molto dilazionato nel tempo, come avremmo mai potuto ottimizzare la didattica del nostro apprendimento. Così lentamente, ma inesorabilmente, perdemmo l'entusiasmo. E quando venne aperta una palestra anche nella vicina Rimini ormai era troppo tardi.

Nello stesso periodo in cui praticavo lo Shaolin Mon trovai una palestra di Aikido a Cesena, dove si seguiva lo stile di Iwama del Maestro Morihiro Saito. In questa versione si predilige un approccio molto graduale all'arte, ancora più che nelle altre forme di Aikido. Questo consente di prestare molta attenzione all'apprendimento dei minimi dettagli, ma necessita di un pochino di pazienza in più per arrivare ad allenamenti molto dinamici e meno preordinati.

Nel frattempo, durante un bellissimo viaggio alle Hawaii, ho avuto l'opportunità di praticare per un mese Tai Chi Chuan stile Yang della famiglia Dong. A differenza dello stile Yang, che avevo sempre visto praticare, si utilizzano più forme, alcune rapide e alcune un po' dure. Viene inoltre anche curato molto l'aspetto del Chi e delle tecniche a due, fino quasi ad arrivare al combattimento libero. A differenza di alcuni altri Maestri Cinesi di Tai Chi, il M. Dong ha con gli allievi un atteggiamento più disponibile e non aspetta decenni per spiegarti alcuni aspetti che altrimenti apparirebbero quasi come misteriosi segreti. Se volete vedere la traduzione di un volantino della sua scuola cliccate qui. Poi potete fare un salto anche al seguente sito: BaGua & Tai Chi Internal Lineage Tradition.

Uno stage molto interessante, tenutosi a Forlì, è stato quello del Maestro Go Ming Xu (George Xu). Durante l'incontro non ha solo introdotto lo stile Chen del Tai Chi Chuan, ma ha anche mostrato alcuni elementi di altri stili cinesi e le differenze rispetto ai metodi occidentali.

Quest'anno (1997) ho inoltre momentaneamente abbandonato l'Aikido per tornare ad una pratica più vicina al combattimento reale, provando la famosa Arte Marziale praticata in gioventù da Bruce Lee, il Wing Tsun (American WingTsun Organization, Austin Wing Tsun Homepage). Le sue tecniche, ideate da una Monaca Shaolin, possiedono rigore scientifico e si rifanno ai principi del Taoismo. È molto importante la linea retta che collega il proprio plesso solare a quello dell'avversario, le tecniche di pugno sono molto particolari e prediligono la velocità rispetto alla forza, viene adottato il principio del cuneo sia per l'attacco che per la difesa, la posizione del busto è frontale mentre il peso è sempre sulla gamba posteriore (per lasciare libera quella anteriore di agire e/o reagire rapidamente e per non subire le spazzate), ci sono diversi esercizi (anche bendati) per sviluppare la sensibilità tattile. Esteticamente non mi sembra esattamente il massimo, ma l'efficacia è davvero ottima. Contemporaneamente, nella stessa palestra, si pratica anche l'Escrima in cui si usano due bastoni lunghi come l'avambraccio e altre armi. Ho appena iniziato queste due Arti Marziali, e quindi ho ancora tutto da imparare.

Al termine di questa rassegna devo anche rivolgermi un'autocritica. Quando ero più giovane il motivo primario per cui abbandonavo un'Arte Marziale era proprio perché cercavo qualcosa che, per me, si dimostrasse più valido. Invece, negli ultimi tempi, è diventato sempre più forte un certo disinamoramento, insomma la passione si è affievolita, e per ora ho abbandonato la pratica di qualsiasi Arte Marziale.

Comunque, dopo vari anni di pratica di diverse Arti Marziali, mi sembra di poter cogliere un problema comune nella loro didattica. Se volete saperne di pił e se volete partecipare alla relativa discussione cliccate qui.